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martedì 6 marzo 2012

Bagno nella mansarda, cosa fare se il regolamento vieta modifiche?

lf chiede:
Nel nostro regolamento condominiale contrattuale è specificato quanto segue: "Gli appartamenti devono essere adibiti esclusivamente ad uso di civile abitazione, con divieto assoluto di qualsiasi altra utilizzazione. Le autorimesse, le soffitte, e le cantine non possono essere adibite ad uso diverso da quello per il quale sono state costruite". Recentemente noi condomini siamo venuti a conoscenza che un condomino ha trasformato in bagno la soffitta confinante con la propria abitazione. Tale ristrutturazione è avvenuta alla nostra insaputa, ma non dell'amministratore, e solo presentando all'ufficio tecnico del comune la Dia. E' possibile aver fatto questa trasformazione senza alcuna autorizzazione all'unanimità da parte dell'assemblea? Ora come è possibile tutelarci dalla violazione di un preciso articolo del regolamento condominiale contrattuale? La ringrazio della risposta.

L'esperto risponde:

Le norme del regolamento contrattuale che vietano la modifica della destinazione d'uso degli immobili hanno lo scopo di tutelare il condominio dall'uso degli appartamenti per scopi commerciali rispetto a quello abitativo. Nulla impedisce l'installazione in una mansarda di un secondo bagno da parte del proprietario della mansarda stessa, tanto è vero che il condomino ha avuto la regolare autorizzazione del Comune. Non ci sono infatti norme che possano vietare di rendere più confortevole l'uso delle pertinenze della propria abitazione, nè alcuna norma che possa obbligare il proprietario ad avere l'autorizzazione degli altri condomini per ristrutturare il proprio appartamento come ritiene più opportuno, dato che la modifica avviene all'interno della proprietà privata. Inoltre nessuno ha il diritto di mettere in discussione l'utilizzo della mansarda, neppure per quel che riguarda l'allaccio agli impianti comuni, dato che anche questo è un diritto tutelato dalla legge, ossia dall'articolo 1102 del Codice civile. Quindi è stato del tutto corretto anche il comportamento dell'amministratore che non aveva nulla da comunicare all'assemblea in merito alla ristrutturazione.

sabato 25 febbraio 2012

Amministratore, se un condomino lo richiede diventa obbligatorio?

lf chiede:
In presenza di un caseggiato con 6 unità abitative di cui 2 con ingresso indipendente (singolo) e 4 con ingresso comune, è obbligatorio avere un amministratore? E' inoltre sufficente che un singolo condomino faccia richiesta di avere un amministratore per renderlo obbligatorio o deve essere deciso dalla maggioranza?

L'esperto risponde:

La legge, ossia l'articolo 1129 del Codice civile, stabilisce che " Quando i condomini sono più di quattro, l'assemblea nomina un amministratore".Non si deve, quindi, far riferimento al numero degli appartamenti ma solo a quello dei proprietari. Il fatto che esistano degli appartamenti con ingresso indipendente non ha alcuna influenza dato che in ogni caso anche chi non usa il portone è proprietario dei beni comuni. Inoltre, come stabilisce ancora lo stesso articolo, "Se l'assemblea non provvede, la nomina è fatta dall'autorità giudiziaria, su ricorso di uno o più condomini." Quindi poiché uno dei condomini ha richiesto l'amministratore, la nomina diventa obbligatoria.

giovedì 23 febbraio 2012

Condomini morosi, in quali casi gli altri sono tenuti a pagare?

nicola p. chiede:
Varie sentenze in materia, attualmente i condomini di un palazzo sono tenuti al pagamento in solido verso terzi per la quota di un condomino moroso? Grazie.

L'esperto risponde:

Non c'è alcun obbligo di legge che imponga ai condomini in regola di farsi carico delle quote dei morosi, come chiarito dalla Cassazione fin dal 2001 con la sentenza 13631 nella quale ha precisato che è nulla la delibera che impone ai condomini in regola di farsi carico delle somme non versate dai morosi, a meno che la delibera stessa non sia stata approvata all'unanimità. E' possibile solo, "in caso di effettiva urgenza, come, ad esempio, per evitare azioni esecutive da parte di creditori del condominio, una deliberazione assembleare che costituisca un apposito fondo cassa, allo scopo di sopperire all'inadempimento del condominio moroso, con conseguente obbligo del condominio di restituire ai condomini in regola con i pagamenti le somme così percepite, dopo aver recuperato dagli insolventi quanto dagli stessi dovuto". Quindi si deve istituire un fondo cassa per pagare i fornitori per evitare eventuali operazioni di recupero crediti da parte dei fornitori stessi. Contemporaneamente, però, l'amministratore ha l'obbligo di legge di avviare il recupero delle morosità tramite decreto ingiuntivo. Se non lo fa va sostituito.

mercoledì 22 febbraio 2012

Contratto prorogato, si deve lasciare l'appartamento se sono necessari lavori?

Betty D. chiede:
Al mio contratto di locazione 4+4 sono scaduti gli otto anni e si è appena rinnovato alle medesime condizioni, non avendo ricevuto dalla proprietaria nessuna raccomandata per rinnovo a nove condizione o per il suo diniego. La proprietaria però voleva farmi stipulare un nuovo contratto con importo maggiore (che avtrei potuto anche accettare) ma c'erano delle clausule per me non convenienti e non convincenti e non voleva darmi del tempo per informarmi e così non ho accettato. Solo che ora lei mi ha detto (anche se il contratto si è rinnovato) che devo lasciare l'appartamento libero perchè deve rifare il bagno. Controllando il contratto in effetti c'è questa clausola "In caso di rifabbrica, anche parziale o rettifico dello stabile, si riterrà risolta la locazione , se così crederà il locatore, senza indennizzo a norma dell'art.1603 c.c. e col semplice preavviso di sei mesi dalla di comunicazione". Se mi manda la raccomandata sei mesi prima, può mandarmi via perchè deve rifare il bagno o è una clausula contraria alla legge? Grazie mille per la risposta.

L'esperto risponde:

L'articolo 3 delle legge 431/1998 sulle locazioni abitative stabilisce che il contratto può essere disdetto quando il locatore intende realizzare interventi di ristrutturazione sull'immobile e la presenza dell'inquilino rende impossibili questi lavori. La proprietaria ha quindi legittimamente il diritto di dare disdetta del contratto senza dovere per questo nessuna penalità, dato che la legge sulle locazioni prevede espressamente questa possibilità.

sabato 18 febbraio 2012

Riscaldamento troppo costoso, possibile il distacco dall'impianto?

giacomo p. chiede:
Sono proprietario in Liguria di una seconda residenza, per il riscaldamento del condominio era stato scelto un contratto 'servizio calore'. personalmente lo ritengo eccessivamente oneroso tanto che presso altri condomini con impianti di riscaldamento senza tale contratto la spesa è decisamente inferiore. Mi è possibile staccarmi dall'impianto centralizzato, e a quali condizioni? Grazie

L'esperto risponde:

Il distacco dall'impianto di riscaldamento centralizzato è un diritto dei condomini se non esiste un divieto nel regolamento contrattuale. Per legge, però, chi si distacca è tenuto a pagare comunque le spese di mantenimento dell'impianto, senza dover versare quelle di consumo. per il distacco non occorre l'autorizzazione dell'assemblea ma una perizia tecnica che dimostri che in questo modo non si creeranno danni agli altri condomini

Da riscaldamento centralizzato a autonomo: quali regole per il distacco dall'impianto comune

di Antonella Donati
Il costo del riscaldamento centralizzato è una delle voci più elevate tra le varie bollette condominiali almeno nel caso di immbili costruiti prima dell'entrata in vigoredell'obbligo di contabilizzatori di calore. Per questo la secltar tar centralizzato ed autonomo è spesso dibattuta nei condomini che hanno più di 10 anni. Ecco regole e vantaggi di un cambio di regime.
Quando la scelta la fa il condominio - Per passare da riscaldamento centralizzato ad autonomo è sufficiente la maggioranza semplice dei condomini, nel caso in cui la decisione riguardi tutto il condominio. Lo prevede la legge 9 gennaio 1991, n. 10 "Norme per l'attuazione del Piano energetico nazionale in materia di uso razionale dell'energia, di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti rinnovabili di energia". L'articolo 26 in particolare stabilisce che per gli interventi in parti comuni di edifici, volti al contenimento del consumo energetico degli edifici stessi ed all'utilizzazione delle fonti di energia rinnovabili "sono valide le relative decisioni prese a maggioranza delle quote millesimali" . Una scelta volta a incentivare il passaggio a sistemi più efficienti e destinati anche a ridurre i consumi. E di recente anche staccarsi come singolo dall'impianto centralizzato è diventato più semplice.
La Cassazione e le regole per staccarsi da soli - Infatti è sufficiente  predisporre una documentazione tecnica dalla quale risulti che con il distacco non c'è pregiudizio per gli altri condomini, ossia che questi non saranno tenuti a pagare di più, perché l'impianto era stato tarato per servire un certo numero di appartamenti,e si può modificare l'impianto. L'indicazione viene da una sentenza della Corte di Cassazione - la n.5974 del 25 marzo 2004  - che ha stabilito che è  "legittima la rinuncia unilaterale al riscaldamento condominiale ed il distacco dall'impianto centralizzato, senza necessità di autorizzazione o di accettazione da parte degli altri partecipanti, ove l'interessato dimostri che dalla rinunzia e dal susseguente distacco non derivi un aggravio di spese per i condomini che continuano ad usufruire, né uno squilibrio termico pregiudizievole per la regolare erogazione del servizio. La documentazione può essere predisposta da qualsiasi tecnico abilitato, e peraltro già chi fornisce il servizio di installazione dell'impianto deve essere in grado di mettere a punto tutta la documentazione stabilita dalla legge. Anche se ci si stacca, però - e lo ha ribadito anche la sentenza della Cassazione - non ci si può esimere dal pagare le spese per la manutenzione ordinaria e straordinaria dell'impianto in quanto la caldaia rientra tra le  proprietà comuni. Nulla invece sarà dovuto per l'acquisto del combustibile. Se però il regolamento contrattuale - ossia quello firmato all'atto di acquisto dell'immobile e accettato da tutti i condomini - dovesse prevedere un contributo riscaldamento anche da parte di chi si distacca, per modificare la norma occorrerebbe l'unanimità.
Gli incentivi per chi cambia caldaia - Infine non va dimenticato che per chi secglie caldaie a condensazione è prevista la detrazione dall'imposta lorda per una quota pari al 55% degli importi pagati. L'agevolazione vale sia  per le caldaie domestiche che per gli impianti condominali.

Crepe nella casa acquistata a novembre, chi deve intervenire?

Ange chiede:
Ho acquistato l'11 novembre scorso villetta a schiera costruita nel 2010/11. Ora sono presenti crepe sui muri comuni ad altri appartamenti ed evidenti infiltrazioni acqua. Chi è responsabile per le riparazioni necessarie? Immobile con assicurazione decennale. Grazie per l'aiuto!!!

L'esperto risponde:

Per ottenere il risarcimento dei danni occorre rivolgersi all'assicurazione. la polizza decennale viene sottoscritta appositamente per far fronte a queste spese. Poichè i danni riguardano tutto il condominio della pratica dovrà farsi carico l'amministratore. (17 febbraio 2012)

Saletta condominiale, si può vietarne l'uso ai condomini?

Donato P. chiede:
Abito in un condominio di 104 alloggi e una saletta condominiale dove ci riuniamo per le assemblee. Pochi condomini utilizzano la saletta ad uso privato, giocano a carte, guardano la TV e in inverno accendono una stufa elettrica. La corrente che consumano viene divisa a tutti i condomini. E' possibile in assenza di regolamentazione della saletta vietare l'utilizzo a questi signori? Anche cambiando la serratura, e l'amministratore quali provvedimenti può adottare? Grazie

L'esperto risponde:

Se la chiave non è custodia dall'amministratore ma è a disposizione non è possibile vietare l'uso della saletta ai singoli condomini. La legge, ossia articolo 1102 del Codice civile consente, infatti, a ciascun proprietario di utilizzare i beni comuni nel suo interesse, a patto di non impedire agli altri di farne lo stesso uso. La legge prevede anche l'obbligo di pagare le spese necessarie al proprio maggior godimento. Quindi poichè avete una sala all'interno del condominio utilizzabile per scopi sociali, la soluzione più conveniente non è quella di vietarne l'uso ma di regolarizzarlo. Per evitare che tutti debbano pagare le spese solo di alcuni è sufficiente prevedere un affitto simbolico per il locale, pochi euro a pomeriggio, ad esempio, destinando la somma al pagamento delle spese comuni di elettricità. Per introdurre una norma di questo genere è sufficiente il sì della maggioranza dei presenti all'assemblea e almeno 500 millesimi. Non si tratta, infatti, di una innovazione, ma di una norma volta a regolare l'uso dei beni comuni. Potrete comunque anche prevedere di affittare la sala per le feste dei bambini o altro, sempre solo ai condomini, mettendo quindi a frutto un bene condominiale. (17 febbraio 2012)